«C’è il Paschi di ieri e quello di oggi», commenta
il consigliere indipendente della banca Michele Briamonte. «A Siena il
cambiamento è iniziato con l’arrivo di Profumo e Viola e il rinnovo del
cda – aggiunge -. Oggi la banca è stabile e in pieno rilancio». Per
quanto riguarda il passato, la parola passa al consiglio del 6 febbraio.
L’affare derivati e l’eventuale decisione d’intraprendere un’azione di
responsabilità nei confronti dei vecchi amministratori saranno
affrontati nel consiglio d’amministrazione di Banca Mps in programma
mercoledì 6 febbraio.
«Avremo i risultati dell’indagine interna nella prima decade del
prossimo mese», conferma l’amministratore delegato Fabrizio Viola. Sui
contratti derivati, al centro della bufera di questi giorni, la Consob
ha formalizzato una richiesta di chiarimento per cinque prodotti: le
operazioni denominate Santorini, Alexandria, Nota Italia, Patagonia, e
per il prestito convertibile Fresh da un miliardo che servì nel 2008 a
finanziare in parte l’acquisto di Antonveneta.
Viola ha comunque puntualizzato che il rischio patrimoniale non dovrebbe
superare i 500 milioni, relativamente alle perdite di Santorini e
Alexandria, mentre Nota Italia e Patagonia, «al di là della suggestione
dei nomi, più che derivati sono operazioni di pronti contro termine di
lunghissimo periodo, con margini di rischio molto contenuti. Queste
operazioni le abbiamo individuate noi e non sono saltate fuori per caso –
ha aggiunto -. Ma la situazione adesso è sotto controllo e il corretto
funzionamento della banca non è in discussione».
L’azione di responsabilità non sarà una strada facile da imboccare. Sia
perché ci sono ruoli personali che devono essere messi a fuoco, sia
perché gli attuali consigli d’amministrazione della Fondazione Mps e
della banca di Rocca Salimbeni hanno al loro interno esponenti delle
gestioni passate. «Qualora dagli approfondimenti in corso dovessero
emergere elementi utili a giustificarle, la Fondazione è determinata a
intraprendere tutte le azioni del caso, compresa quella di
responsabilità», ha detto il presidente Gabriello Mancini in assemblea.
Mancini però ha guidato la Fondazione negli anni in cui il disastro si è
compiuto.
Nel consiglio d’amministrazione della banca, composto da 12 membri, poi
siedono Frederic de Courtois in rappresentanza di Axa (4% circa di Mps),
Turiddo Campaini di Unicoop Firenze (2,7%) e Lorenzo Gorgoni (1,7%),
tutti presenti anche nel passato board. E l’attuale vicepresidente di
Banca Mps, Marco Turchi, era sindaco revisore. «Faremo il necessario per
evitare la decadenza dei termini e valuteremo le azioni possibili per
tutelare il patrimonio della banca», ha commentato il presidente del
gruppo, Alessandro Profumo, che però ha voluto anche sottolineare come
un danno alla banca, ai suoi 31mila dipendenti e ai 6 milioni di
clienti, sia stato provocato dalla distorsione mediatica di questi
giorni a fini elettorali.
«Sono sconcertato dalla mancanza di senso di responsabilità di chi ha
usato termini come crac e fallimento, dando la sensazione che la banca
fosse sull’orlo del default, mentre la realtà è ben diversa», dice
Claudio Pieri, direttore generale della Fondazione Mps. «Il Monte è
solido e i cassetti segreti sono finiti», ha rassicurato Viola,
confermando che il piano industriale va avanti a pieno ritmo, come del
resto testiomina la grande adesione al fondo di solidarietà, annunciata
dai sindacati Fabi-Fiba-Ugl-Uilca, che aprirà la via della pensione a
mille dipendenti.
«C’è il Paschi di ieri e quello di oggi», commenta il consigliere
indipendente della banca Michele Briamonte. «A Siena il cambiamento è
iniziato con l’arrivo di Profumo e Viola e il rinnovo del cda – aggiunge
-. Oggi la banca è stabile e in pieno rilancio». Per quanto riguarda il
passato, la parola passa al consiglio del 6 febbraio.
FONTE: Il Sole 24 Ore
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